Convegno OICCE – 10 maggio 2019
Le deviazioni odorose anomale, dichiara il prof. Luigi Moio, mascherano la purezza dei profumi del vino. Immagina i difetti d’odore come una serie di “nuvolette” maleodoranti che avvolgono la bottiglia di vino.
Dichiarazioni, come “voglio fare un vino diverso … è un vino di territorio, è tipico della denominazione, è rispettoso dell’identità dei vitigni e del territorio e i suoi profumi mostrano un grande rispetto per le vigne e il territorio”, collegate sovente a vini con deviazioni odorose (le nuvolette) non rappresentano il territorio e il vitigno, ma rispondono solo a scelte personali.
Il legame tra vino e territorio risale ad una tradizione, nata in Francia nel 1800 per scopi commerciali, per differenziale in base ai luoghi di produzione ma oggi è anche struttura normativa. Di conseguenza, il professore pone la domanda: “il carattere sensoriale del vino, il suo profumo può essere influenzato dal territorio di produzione?”.
La risposta non è semplice, bisogna ricorrere al termine terroir, che per il professore è “la terra dove la pianta vegeta, ovviamente, curata dagli uomini”: ogni luogo è diverso, così come il vino concepito in un luogo non è stesso di un altro e il vino di qualità deve essere percepito come “sintesi liquida della terra in cui vegeta, di una terra unica” e non deve subire interventi di correzione dall’enologo.
Altro concetto espresso nella sua relazione è la “sinfonia olfattiva” che si ottiene solo con una sintonia perfetta tra la pianta, il suolo, il clima e l’uva “già perfetta” in tutti i suoi equilibri, questo differenzia i grandi vini da quelli buoni.
Da evitare, quindi, la degradazione delle molecole odorose responsabili dei caratteri olfattivi identitari, non permettere la genesi di difetti d’odore e, se questo avviene, è illogico parlare di territorio e varietà, perché gli odori anomali sono gli stessi ovunque e omologano il prodotto: “dissimulano l’identità olfattiva varietale e territoriale”
I piani olfattivi
Modello immaginario, disegnato dal prof. Moio, per spiegare come interagiscono le molecole odorose e i difetti olfattivi e si sviluppa su 5 piani.
Nei primi quattro piani sono collocate le molecole appartenente alle classi degli acidi, degli alcoli e degli esteri che sono i principali costituenti dell’odore di base dei vini neutri, da lui definiti “vini orchestrali”.
Al quinto piano si trovano gli aromi varietali che si riscontrano in vini ottenuti da uve “profumate o dotate di precursori di odori legati alla varietà dell’uva” definiti “vini solisti”.
I vini con forte intensità variatale (es. Gewürztraminer) sono “più resistenti” all’effetto coprente delle anomalie olfattive rispetto a quelli ottenute da uve meno aromatiche (Chardonnay) o neutre (Trebbiano). Quindi, il difetto, sottolinea, omologa il prodotto ma non in eguale misura.
I difetti olfattivi possono essere di origine chimica e microbiologica riconducibili a:
- all’uva,
- alla fermentazione alcolica,
- all’affinamento,
- alla conservazione,
ma, solo riconoscendoli si può apprezzare la qualità olfattiva del vino.
I principali difetti non microbiologici
- odore di terra, originato da attacchi fungini sull’uva e una delle molecole responsabili dell’odore è la geosmina. Depotenzia in modo incredibili tutti i prodotti odorosi della fermentazione alcolica,
- odore di fumo (smoke off odour), odore fortemente coprente, è adsorbito dall’ambiente esterno (es. incendi boschivi) ma non è il solo altro esempio è quello “di pecora, di capra …“;
- odore di ridotto, odore sgradevole che ricorda il cavolo bollito, l’aglio, la cipolla, le uova marce …, i composti responsabili di questo off odour appartengono alla famiglia chimica dei tioli che a seconda della concentrazione possono originare profumi buoni (frutti della passione, bosso, ginestra) o cattivi (cavolo, mercaptano);
- odore di ossidato, provocato da un eccesso di ossigeno, l’indicatore olfattivo iniziale è la mela tagliata esposta all’aria (acetaldeide) per poi essere riconducibile a vino cotto, caramello, legno vecchio … con conseguente azzeramento dell’identità olfattiva;
- carattere brett (sudore di cavallo) di cui è responsabile il Brettanomyces/ Dekkera bruxellensis;
- odore di tappo, le molecole responsabili appartengono alla famiglia chimica degli aloanisoli.
Il tappo ha un impatto sulla percezione del consumatore sulla qualità del vino: un grande vino con il tappo alternativo è percepito di minor qualità rispetto ad un altro di bassa qualità ma col tappo in sughero
Riflessione finale: “per ottenere un vino che sia autentica espressione di una vigna e di un suolo: no alla degradazione delle molecole odorose responsabili dei caratteri olfattivi identitari dell’uva d’origine ed eventualmente del territorio e no genesi di difetti d’odore” e ha aggiunto … “i difetti di odore sono sempre gli stessi … paradossalmente sono ritenuti elementi di identità senza tener conto che sopprimono, in modo palese, la sua autenticità territoriale”. Ha poi ripreso il concetto espresso dal prof. Vincenzo Gerbi che “bisogna studiare l’enologia in modo corretto ed applicarla, più le conoscenze sono alte e meno si interviene”.
Prof. Luigi Moio
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