Prima Parte
“La mappa sensoriale del Romagna Sangiovese è un’analisi sull’uso di termini descrittivi del vino a cura del prof. Mario Ubigli e dott.sa Maria Carla Cravero, Primo ricercatore del CREA-Vir.Eno di Asti.
L’articolo viene suddiviso in tre parti, dalla redazione, per motivi tecnico-editoriale:
- la prima parte è un viaggio tra note storiche, reminiscenze letterarie e il Disciplinare;
- la seconda parte tratta l’esame dei descrittori organolettici del Sangiovese di Romagna desunti da guide e pubblicazioni;
- la terza parte riporta le conclusioni sullo studio della Mappa sensoriale del Sangiovese di Romagna”.
Premessa
“Ero da poco arrivata in terra di Forlì (in Romagna), in un afoso pomeriggio di estate. Il mio ospite – un vecchietto energico e rubizzo – mi chiese se desideravo bere qualcosa, e naturalmente risposi di sì. Mi aspettavo una caraffa colma di acqua o di tè ghiacciato: quel che mi venne portato, invece, fu un bel bicchierone di vino rosso, robusto; e, di fronte alla mia espressione disorientata, il vecchio mi spiegò con tono autorevole e orgoglioso che: “quando si chiede da bere e ti portano acqua, sei in Emilia, ma quando ti portano vino, sei in Romagna. Perché in Romagna “il bere”, per antonomasia, è il vino. … L’acqua, certo, disseta, ma il vino fa molto di più: il vino è storia, identità, cultura“.
Queste parole sono virgolettate perché prese di peso dalla Premessa del volume “Gli eroi bevono vino – Il mondo antico in un bicchiere” (ed. Laterza) scritto da Laura Pepe che insegna Diritto antico all’Università degli Studi di Milano.
Che vino poteva mai essere quel rosso, robusto offerto alla Prof.ssa Pepe? Non lo sappiamo, ma crediamo in cuor nostro che fosse un Sangiovese, magari superiore o riserva o entrambi.
Il disciplinare di produzione del vino riporta le denominazioni che spettano alle produzioni che derivano in misura varia dalle uve Sangiovese:
- Sangiovese anche con la specificazione “novello” e “riserva”; passito; superiore anche con la specificazione “riserva”.
In questa sede ci interessa i DOP Romagna Sangiovese e Romagna Sangiovese superiore.
Il Disciplinare accomuna le due tipologie di vino nel contenuto obbligatorio di uve Sangiovese 85%, il resto in uve locali.
Le distinzioni riguardano:
- l’immissione al consumo: 1° Dicembre dell’anno della raccolta per il Sangiovese e 1° Aprile dell’anno successivo per la versione Superiore;
- i dati analitici: 12,0 di gradazione alcolica per il primo e 12,5 per il secondo, infine l’estratto non riduttore che risulta 20 g/l per il primo e 24 g/l per il Superiore.
Si riportano di seguito le caratteristiche sensoriali della seconda tipologia presa in considerazione per essere immessa in commercio:
- al naso deve rispondere ai seguenti requisiti: “vinoso con profumo delicato che talvolta ricorda la viola”;
- al palato: “armonico, leggermente tannico, con retrogusto leggermente amarognolo”.
Dal 2016 compare in televisione con cadenza annuale una piacevole serie televisiva di “gialli” brillantemente risolti dal vice-questore Rocco Schiavone frutto della creatività di Antonio Manzini.
Schiavone ha una specificità: identifica le persone che incontra stabilendo delle somiglianze somatiche tra costoro e i vari animali classificati da Linneo.
Un procedimento analogo lo applica Monelli per descrivere alcuni vini che identifica con vari tipi di umanità. Così la Barbera è stata identificata con una virago e con un fante che affonda nel fango.
E così avviene per il Sangiovese:
“È atticciato e solido come questi romagnoli che vengono al mercato avvolti nella capparella come in un manto romano e parlano un idioma aspro e acceso.”
Monelli, O.P. ossia Il vero Bevitore
Chi riconosce il Vino in queste parole ci trova la struttura, le origini (romane, ossia antiche) del vitigno, il tannino (aspro) del Sangiovese, chi non lo conosce resta di stucco.
Il Sangiovese di Monelli è quello che si produceva attorno agli anni sessanta del secolo scorso.
L’enciclopedia
Dalla “Enciclopedia del vino” dell’editore Boroli (2004) apprendiamo che il Sangiovese veniva coltivato in Toscana già all’epoca degli Etruschi, è il vitigno a bacca nera più diffuso nella Penisola ed entra nella composizione di una novantina di vini a DOP.
L’origine del vitigno non è conosciuta e neppure l’origine del nome che secondo alcuni deriverebbe da Monte Giove nei pressi di Santarcangelo di Romagna per derivazione da Sanguis Jovis. (Sangue di Giove).
Secondo altri autori potrebbe derivare dalla parola gioghi in dialetto (siamo nell’Appennino Tosco-Romagnolo) e, dunque, potrebbe derivare da sangue dei gioghi.
“Molto soggetto alle variazioni clonali, il sangiovese non è un vitigno solo, ma una grande e bizzarra famiglia estremamente diversificata, all’interno della quale coesistono individui di schiatta aristocratica e altri di assai meno nobile lignaggio.”
Sono note due tipologie: la prima ad acino grosso (o dolce o gentile) e la seconda ad acino piccolo (o forte o montanino).
Il primo tipo ha grappolo di dimensioni piccole o medie piuttosto compatto con acini medio-grandi con buccia alquanto spessa. Il vino che ne deriva ha colore, considerevole struttura e corredo polifenolico e tannico rimarchevoli.
“Il Sangiovese romagnolo ha fatto negli ultimi anni progressi da gigante verso la qualità”
Jancis Robinson è autrice nel 1996 di “Guide to Wine Grapes” pubblicato in Italia da Slow Food due anni dopo.
Alla voce “Sangiovese” riferisce che si tratta “uva rossa di qualità fortemente variabile”. Inoltre produce vini di buon livello tannico e acido con note che vanno da cuoio a prugna e prugna secca.
“Il sangiovese …. ha la tendenza a mutare” come, ad esempio, evidenziano le seguenti variazioni clonali e di nomi: “Sangioveto, Brunello, Prugnolo, Gentile, Morellino, ecc.” … “In termini di quantità … il vitigno ha la massima importanza in Romagna, dove il Sangiovese di Romagna è non meno diffuso del Lambrusco in Emilia.”
Guide to Wine Grapes, Jancis Robinson, 1996 , in Italia pubb. da Slow Food nel 1998
L’A. fornisce un sommario quadro sensoriale:
“Si tratta di un rosso in genere leggero … opportunamente destinato a un pronto consumo.”
Il testo in questione, come già scritto, è del 1996 e, come afferma la stessa A., le cose erano destinate a cambiare.
Forse, erano già cambiate, almeno per quanto riguarda il Sangiovese assaggiato da Mario Soldati e descritto ne “Vino al Vino” pubblicato attorno agli anni sessanta.
“Il Sangiovese è eccelso: profumato lontanamente di lampone, colore rubino intenso, sapore asciutto un po’ tannico, retrogusto gradevolmente amarognolo, violento ma fresco di una freschezza sua naturale e indipendente dalla temperatura. Non c’è dubbio che possa invecchiare bene: ma, secondo me, solo in certi casi, e cioè secondo le zone in cui le uve sono coltivate”.
Ci fermiamo qui e salutiamo Mario Soldati impegnato in un piacevole testa a testa con un piatto di “coniglio in porchetta“.
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