Asti Secco: l’altro Asti

L’Asti secco è la nuova tipologia dell’Asti DOCG autorizzata il 20 luglio 2017 (decorrenza 1° agosto 2017) e l’elaborazione è stata consentita a partire dalla vendemmia 2016.

Un unico disciplinare regola tutte le tipologie dell’Asti Docg, la base ampelografica è 100% uva Moscato bianco. 

Tecniche di elaborazione

L’elaborazione avviene, come per il “dolce”, col metodo Martinotti (fermentazione naturale in autoclave), la differenza è nel tenore degli zuccheri, per il secco varia tra i 12 e 32 g/l, ossia da extra sec a dry.

La grande sfida è quella di evitare in degustazione sentori amari, non piacevoli, che si sviluppano nei vini vinificati a secco con uve aromatiche.

Il Consorzio di Tutela dell’Asti ha messo a punto una tecnica di spumantizzazione che prevede particolari condizioni di permanenza con lieviti selezionati, al fine di poter ottenere un prodotto con un equilibrato quadro gustativo, olfattivo, senza note amare.

Non tutte le cantine seguono queste indicazioni, alcune preferiscono bloccare la fermentazione a metà mediante il freddo e/o la centrifugazione e/o filtrazione.

Le due diverse tecniche portano, in linea di massima, a differenti sensazioni aromatiche: più secco con note amarognole meno evidenti nel vino portato a secco, mentre col blocco della fermentazione si ottiene uno spumante più abboccato, aromatico con un retrogusto amarognolo. 

Note di degustazione di tre Asti secco elaborati con le diverse tecniche e differenti tenori zuccherini

Il primo campione, un dry (zuccheri residui tra 17 e 32 g/l), evidenzia accennati profumi floreali e fruttati poco riferibili all’uva di origine, più evidenti a bicchiere vuoto, in bocca è asciutto, non stucchevole, con un retrogusto fresco e netto e assenza di note amarognole, buon equilibrio.

Il secondo campione, un extra sec (zuccheri residui tra 12 e 17 g/l), presenta sentori aromatici che ricordano l’uva Moscato, in bocca è abboccato, grasso e con evidenti note amarognole nel finale.

Il terzo, un extra dry (zuccheri residui pari a 12,5 g/l), risulta secco, delicatamente aromatico, magro con leggere note amarognole.

L’Asti secco, forse partito un po’ in sordina, al momento si producono circa un milione di bottiglie, nel prossimo futuro dovrebbero attestarsi sui 3 / 4 milioni secondo le aspettative dei produttori.

Dettagli su tecniche di elaborazione

Il Vice Presidente del Consorzio, Massimo Marasso, enologo della cantina F.lli Martini, durante il breve incontro a Vinitaly 2019, spiega le tecniche di elaborazione del loro Asti secco: “produzione in un’unica fermentazione, partendo dal mosto come per l’Asti “dolce”. La fermentazione è molto progressiva, molto lenta (supera il mese), a temperatura molto bassa, non supera i 15 gradi, viene bloccata, tramite centrifugazione, quando si raggiungono i 20 grammi di zucchero”.

“La difficoltà è fare prodotti non amari, che sono di difficile beva. Solo con le basse temperature e con l’apporto di sostanze azotate per un lavoro costante dei lieviti si riesce ottenere il ‘non amaro’: deve venire fuori solo l’aromaticità. Le prove in cantina tendono a produrre un Asti più secco (12/12,5 di tenore in zucchero) per ottenere maggiore aromaticità ed essere di più facile beva“.

Massimo Marasso conclude con un consiglio: “l’Asti secco è uno spumante da bere freddo freddo, solo così esprime al meglio i suoi aromi. È perfetto come aperitivo, a tutto pasto, con il pesce crudo e spettacolare con le ostriche”.

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