Il rame nel biologico

L’Unione Europea, il 27 novembre 2018, ha approvato la proposta di rinnovo dell’autorizzazione all’uso dei fitosanitari a base di rame (ossido, idrossido, ossicloruro, solfato tribasico e poltiglia bordolese) in agricoltura.

Il regolamento prevede un tetto massimo di applicazione di 28 kg/ha su sette anni, con flessibilità da un anno all’altro e la possibilità per gli Stati membri di rendere facoltativa questa facilitazione (detta anche “lissage).  

In altre parole, l’utilizzo si attesta a circa 4 kg/ha annui ma, a secondo dell’annata, ci sarebbe la possibilità di aumentare l’impiego, fermo restando il tetto massimo stabilito. La normativa entrerà in vigore il primo febbraio 2019.

La riduzione, secondo i legislatori, dovrebbe limitare gli effetti negativi sulla biodiversità dei suoli, nei confronti della microflora e microfauna presente, in quanto il rame è un metallo pesante e come tale non è soggetto a degradazione nell’ambiente (bioaccumulo).

 L’Agenzia europea per la sicurezza degli alimenti (Efsa) ha recentemente sottolineato i rischi presenti nell’utilizzo in agricoltura dei composti a base di rame. 

Pareri delle organizzazioni professionali

La riduzione da 6 a 4 Kg/ha dei composti rameici che coinvolge prevalentemente le coltivazioni biologiche di vite e ortofrutta ha sollevato pareri discordanti.

Coldiretti, evidenza che “questa limitazione comporterebbe perdite di rese in agricoltura biologica”. Posizione analoga è stata assunta dall’Efow (Federazione europea dei viticoltori con certificazioni di qualità come bio, Dop e Igp) per la quale “alcuni coltivatori biologici non saranno in grado di mantenere l’agricoltura biologica e i viticoltori utilizzeranno prodotti sintetici per mantenere le loro attività. Con una diminuzione delle dosi di rame, senza alcuna valida alternativa si fa correre un grosso rischio a questo settore”.  

FederBio, l’allarme per l’agricoltura biologica potrebbe essere sovrastimato in quanto “I produttori bio sono abituati ad una maggiore attenzione in campo e ad utilizzare tutte le possibili strategie agronomiche per contenere il ricorso ai mezzi per la difesa”.

Assobio, “Il fatto che si possa usare non vuol dire che l’agricoltore biologico lo debba usare. Pure chi sceglie di usare questo tipo di trattamenti deve rispettare i limiti d’impiego. Non dimentichiamoci che nell’agricoltura biodinamica, un settore dell’agricoltura biologica, non viene usato il solfato di rame”.

Alternative al rame

I prodotti alternativi al rame ci sono ma hanno effetti protettivi parziali. Un’ alternativa sarebbe nella genetica con l’impianto di vini da vite resistenti   alle fitopatologie (peronospora e oidio), alle malattie e al freddo, grazie all’introgressione di geni di resistenza presenti nel parentale “non Vinifera”.

Una realtà che fin ora ha incontrato la resistenza dei viticoltori dell’Europa meridionale, forse, come disse in un Convegno del 2016 il prof. Attilio Scienza, “perché si tratta di viti che sopportano il freddo, elemento visto come una possibilità per sfondare nei paesi nordici”.

Altro limite è nella normativa UE che vieta l’utilizzo di ibridi interspecifici nella vinificazione di vini a Denominazione, l’unica varietà autorizzata sono le uve della specie Vitis Vinifera.

Altra possibilità è l’utilizzo di prodotti naturali con capacità biocida e stimolatori naturali come ad esempio alcuni olii essenziali (es. limone e arancio), che però hanno un’efficacia variabile e necessitano di ulteriori biocontrolli e miglioramenti.

Conclusioni

La via genetica può essere una strategia a medio termine. Nell’immediato, la riduzione delle dosi di rame potrebbe avvenire combinando i vari metodi di lotta coadiuvati dall’utilizzo di attrezzature dotate di appositi ugelli antideriva che evitano il gocciolamento eccessivo di liquido dalla foglia.

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