La visita alla cantina di Giuliano Bosio di Almese è stata l’occasione per degustare un vino rosso tavola prodotto con uve 100% Nebbiolo dal nome curioso “A.D. 1327”.
Alla degustazione il vino mi ha impressionato per le sue qualità che definirei “didattiche”, in quanto ha tutte le caratteristiche tipiche di un vino da uve Nebbiolo allevate su suolo morenico.
Un Nebbiolo dal colore rosso rubino, brillante con profumi di petali di viola, rosa canina, melagrana e note di piccoli frutti di bosco (mirtillo e lampone).
In bocca è austero, sapido, elegante, equilibrato e progressivo, con tannini setosi, abbastanza lungo nel finale. Vino ancora giovane con potenzialità all’invecchiamento.
Il terroir
Se si parla di suoli dove dimorano le viti di Nebbiolo, subito si rammentano le Marne di Sant’Agata e i suoli dell’Elveziano delle Langhe, pochi quelli che collegano il Nebbiolo alle morene della bassa Valle di Susa.
Morene depositate dal ritiro dei ghiacciai formatisi nelle due glaciazioni del Pleistocene medio e in quella del Pleistocene superiore (Würm) che crearono fra Rivoli e Avigliana un “grande Anfiteatro” (Il Glacialismo piemontese, F. Sacco, 1938).
Su questi suoli, costituiti da sabbia, ghiaia e poverissimi di limo e argille, Giuliano Bosio, nel 2019, ha messo a dimora delle barbatelle di Nebbiolo, due cloni di Lampia come suggerito dall’ampelografa e ricercatrice Anna Schneider.
Il vino
La prima vendemmia, “complicata e difficile” a detta di Giuliano, è avvenuta nel 2023.
Le fasi di vinificazione:
- pigiadiraspatura soffice, fermentazione alcolica a temperatura controllata e malolattica, poi sosta di sei mesi in contenitori di acciaio inox, seguito da un anno di affinamento in bottiglia.
Nasce così il primo vino da uve Nebbiolo di Giuliano Bosio: A.D. 1327.
Perché “A.D. 1327”?
Bisogna fare un viaggio nella storia per comprendere il nome dato al vino.
A.D. 1327, ossia Anno Domini, è la data nella quale i resoconti (datati 1327-28) dei “clavarii” dell’Abbazia S. Giusto di Susa documentano la coltivazione del Nebbiolo (vinum nibiolii) ad Almese (J. Robinson et al 2012, Segusium, convegno 1995, Facebook Giuliano Bosio).
A ulteriore supporto della presenza del Nebbiolo nel Torinese e nella Bassa Valle di Susa è un documento del 1266 che, per la prima volta, cita non solo la varietà ma anche il vino.
Documento, rinvenuto nell’Archivio di Stato di Torino dallo storico Cibrario (1833), in cui il Castellano di Rivoli, Conto d’Umberto de Balma, dichiara di:
“ricevere 626 sextarius di vino, compreso 306 da uve Nibiol”.
Nel Seicento G.B. Croce, gioielliere al servizio dei Savoia, agronomo e viticoltore, nel suo libro descrive le migliori qualità delle uve coltivate nel Torinese e il “modo di fare i vini”, tra le uve nere cita:
“Seguono le nere, delle quali dicessi esser la Regina il Nebiol, così detto per trasposizione di lettere, come Nobile: poiché fa vino generoso, gagliardo, e dolce ancora … bene si conserva. L’uva è rara …”.
(Della eccellenza e diversità dei vini. Che nella Montagna di Torino si fanno …, 1606, ristampa 2808)
Nei secoli successivi il vitigno non risulterebbe più menzionato tra le varietà coltivate nel Torinese e nella Valle di Susa: venne dimenticato, coltivato marginalmente per uso famigliare, ancorché, su queste morene, sin dal XIII secolo, il vitigno Nebbiolo avesse trovato un habitat favorevole per la sua coltivazione.
Oggi due vigneron, Giuliano Bosio di Almese e Paolo Pierro di Rivoli, hanno nuovamente ripreso la coltivazione delle uve Nebbiolo al fine di produrre vino monovarietale.
Riferimenti: Az. Agr. Agriforest S.S. di Giuliano Bosio, Borgata Morando, Almese. Foto di Giuliano Bosio
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