Barbaresco DOCG

L’opportunità per degustare sei Barbaresco DOCG è stata offerta dall’evento Grandi Langhe 2025, tenutosi a Torino il 27 e 28 gennaio, in una sala riservata alla stampa di settore.

Note di degustazione

Nota comune per tutti i vini è il colore: rosso granato con un’unghia leggermente aranciata.

Barbaresco DOCG, Gallina, biologico, 2022, La Spinetta, Castagnole delle Lanze

Vino prodotto con uve provenienti dalla Menzione Geografica di Neive Gallina, vigneto famoso per i vini caratterizzati da finezza e longevità.

Esprime eleganti profumi balsamici e note floreali (rosa essiccata), in bocca evidenzia tannini leggermente spigolosi dovuti alla sua giovane età e aromi speziati, liquirizia con un finale leggermente ammandorlato.

Barbaresco DOCG, Montersino, 2022, Masseria, Alba

La Menzione Geografica Montersino è ripartita tra Treiso e San Rocco Seno d’Elvio frazione di Alba. Il vigneto situato a un’altitudine dai 300 ai 400 metri s.l.m., con terreni bianchi e sabbiosi favorevoli a vini minerali e freschi.

Buona complessità al naso con sentori di frutti rossi (ciliegia) e floreali completate da note vanigliate e speziate, al palato evidenzia tannini fini e acidità equilibrata, mineralità con un finale leggermente amaro. Un vino già pronto.

Barbaresco DOCG, Asili, 2021, Cascina Luisin, Barbaresco

Barbaresco vinificato con uve provenienti dalla Menzione Geografica di Barbaresco Asili. Terroir favorevole alla produzione di vini eleganti.

Profumi di piccoli frutti di bosco, ciliegia e spezia, elegante e complesso, in bocca buon equilibrio tra tannini e acidità, morbido, aromi empireumatici (cacao e liquirizia), persistente.

Barbaresco DOCG Riserva, Basarin Vigna Gianmaté, 2019, Giacosa Fratelli, Monforte

Basarin Menzione Geografica di Neive con terreni calcarei e vene adatti per vini fini e balsamici.

Al naso evidenzia profumi floreali (viola) e fruttati (prugna), sentori di tabacco e cacao, buona struttura, morbido, tannini un po’ ruvidi, chiude con una nota amaricante.

Barbaresco DOCG, Meruzzano, 2021, Az. Agr. Cerrino, Trezzo Tinella

Meruzzano, la MGA include territori di Treiso e di San Rocco Seno d’Elvio frazione di Alba.

Note di frutti rossi (ciliegia) e spezie (vaniglia), al gusto tannini evidenti, aromi balsamici, austero, amaro nel finale.

Barbaresco DOCG Riserva, Casmar, biologico, 2019. Ada Nada, Treiso

Elegante al naso con profumi di piccoli frutti neri (mirtillo) e frutta rossa (marasca), sentori di cacao e caffè, in bocca tannini morbidi, bilanciato, gli aromi ricordano i profumi ortonasali.

Appunti di storia

La storia del vino Barbaresco è più recente del fratello Barolo anche se, per dare una valenza storica, si narra che:

“il generale De Melas, generale austriaco acquartierato a Bra con le sue truppe, ordina al comune di Barbaresco di far condurre al campo di Bra una carrà di eccellente nebbiolo per festeggiare la vittoria sui francesi (6 novembre 1799)”.

(Opuscolo sul Barbaresco – D. Gavazza)

Per la nascita del vino Barbaresco bisogna aspettare il 1894, quando Domizio Cavazza, direttore delle Regia Scuola Enologica di Alba, acquista il castello di Barbaresco e terreni a Pora e Ovello.

Nello stesso anno fonda le Cantine Sociali di Barbaresco, riunendo una decina di proprietari di vigneti locali, poi codifica il “metodo moderno” per la vinificazione del nebbiolo e lancia il vino Barbaresco sui mercati nazionali, accostandolo al già famoso Barolo:

“… in te si correggono le austere doti del tuo maggior fratello… a te non son misurati i calici, come convensi ai pesanti e capitosi tuoi rivali; a te ogni ora è propizia ed ogni vivanda buona compagna …”

(da Ode al Barbaresco, 1897, D. Cavazza).

La qualità del vino, dovuta al lavoro della Cantina Sociale e di altri proprietari vinificatori locali (Giovanni Gaja, Gioachino Deforville, ecc.), viene riconosciuta.

A tal proposito l’onorevole Teobaldo Calissano, nel 1899, presenta un disegno di legge in Parlamento per “la salvaguardia dei veri vini Barolo e Barbaresco” da frodi e falsificazioni.

Successivamente, nel 1908, il sindaco di Barbaresco dott. L. Dogliotti promuove la costituzione della “Associazione Sindacale per la tutela della produzione e del commercio del genuino Nebiolo di Barbaresco”.

La Cantina Sociale, nel 1922, chiude, l’uva ritorna ad essere commercializzata al mercato di Alba dove è acquistata a basso prezzo.

Nel contempo le superfici vitate vengono in parte riconvertite alla coltivazione di grano.

Nel 1926, viene delimitata ufficialmente la zona d’origine del Barbaresco inserendo il comune di Neive e, nel 1933, è riconosciuto con il Barolo “vino tipico di pregio”.  Però per il Barbaresco la crisi continua e perdurerà negli anni.

La rinascita

La luce si intravede nel 1958 quando Don Marengo Fiorino, parroco di Barbaresco, per proteggere i contadini dalle incertezze del mercato delle uve, riunisce diciannove viticoltori fondando la Cooperativa Produttori del Barbaresco.

Importante svolta arriva anche dalla decisione, nel 1961, della cantina Gaia di vinificare soltanto le proprie uve e di rinunciare a produrre Barolo.

Interessante è la testimonianza di Angelo Gaja:

“Ma Barbaresco non si trovava solo dalla parte sbagliata delle Alpi: era anche dalla parte sbagliata di Alba. Dovunque mi recassi di solito venivo presentato come produttore di vino come il Barolo”

(Sorì San Lorenzo, E. Steinberg, Slow Food, 1996)

Nel 1966 il vino Barbaresco acquisisce la DOC, il primo in Italia con Barolo, Brunello di Montalcino e Chianti, e, poi, nel 1980 fruisce della DOCG.

Ulteriori passi per la qualità sono la mappatura ufficiale delle sottozone di produzione del vino Barbaresco sotto l’egida del Consorzio di tutela (1977). 

Il disciplinare negli anni subisce diverse modifiche ad esempio quella del 2008:

  • introduzione delle “menzioni geografiche aggiuntive” (MGA);
  • modifica della base ampelografica: “uve Nebbiolo nei biotipi Lampia e Michet con esclusione del biotipo Rosé”.

Un’ ulteriore modifica, avvenuta nel 2010, varia la base ampelografica: uve Nebbiolo senza l’indicazione dei biotipi. 

Cosa sono le MGA?
La MGA, acronimo di Menzioni Geografiche Aggiuntive, identifica un’area delimitata di vigneto e ben definita nel Disciplinare. Fa riferimento a un singolo vigneto identificato con nomi storici o toponimi. La menzione “vigna” può essere riportata in etichetta solo se completata con l’indicazione della MGA. Le Menzioni Geografiche Aggiuntive, nel 2010, sono state normate sui Disciplinari del Barolo DOCG e del Barbaresco DOCG. Il loro numero: 66 per il Barbaresco e 181 per il Barolo.

Stralcio Disciplinare Barbaresco DOCG (*)

La DOCG Barbaresco è riservata alle seguenti tipologie:

  • Barbaresco,
  • Barbaresco riserva,

 possono essere accompagnate «menzioni geografiche aggiuntive» alle quali può essere aggiunta la menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo.

La base ampelografica è esclusivamente il vitigno Nebbiolo.

La zona di produzione comprende i comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e la frazione San Rocco Seno d’Elvio di Alba, tutti in provincia di Cuneo.

I vigneti hanno giacitura collinare con terreni argillosi, calcarei e loro eventuali combinazioni.

Il periodo minimo di invecchiamento con decorrenza 1° novembre dell’anno della raccolta:

  • Barbaresco: 26 mesi di cui 9 in legno,  
  • Barbaresco “riserva”: 50 mesi di cui 9 in legno.

e l’immissione del vino al consumo:

  • Barbaresco: a partire dal 1° gennaio del terzo anno successivo alla vendemmia;
  • Barbaresco “riserva”: a partire dal 1° gennaio del quinto anno successivo alla vendemmia.

Caratteristiche dei DOCG Barbaresco e DOCG Barbaresco riserva all’atto dell’immissione al consumo:

  • colore: rosso granato;
  • odore: intenso e caratteristico;
  • sapore: asciutto, pieno, armonico.

(*) Stralcio Disciplinare dal sito Valoritalia

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